"Io e l'ottocento": intervista ad Omar Montanari
Venerdì 22 gennaio 2021 abbiamo intervistato in diretta instagram il baritono Omar Montanari.
COME TI SEI APPASSIONATO ALL'OPERA? Quando ero ragazzino amavo tutto quello che era musica, quindi videocassette, vinili, eccetera. A 13 anni per un caso fortuito ho ascoltato un disco del "Il Trovatore" e da quella registrazione sono rimasto folgorato, infatti quello che richiedevo sempre come regalo di compleanno era andare all'opera. Una passione la mia che con il passare del tempo è diventata un lavoro. La musica, l'opera, è entrata nella mia vita ed è il mio mondo.
CI SONO VOCI CHE TI HANNO ISPIRATO PARTICOLARMENTE? Dopo questo Trovatore mi sono avvicinato a tutti gli altri grandi della lirica che prima non conoscevo, non avevo idea di chi fossero, non sapevo cosa fossero in grado di fare. Mi sono quindi affezionato ai grandi che hanno reso il mondo dell'opera così bello e vario. Poi con il passare del tempo e accostandomi ad un repertorio in particolare mi sono avvicinato di più a cantanti della mia corda, quindi Bruscantini, Corbelli, il Maestro Dara, eccetera eccetera.
HAI AVUTO ANCHE COME INSEGNANTI BRUSON E LA KABAIVANSKA... Sì, li ho conosciuti perché ho vinto classificandomi primo al concorso Adriano Belli di Spoleto nel 2005. Ho avuto quindi il piacere di conoscere la signora Kabaivanska e di fare un bellissimo corso con lei. Bruson anche, ma l'ho frequentato meno, non ho avuto quella continuità che ho invece avuto con la Kabaivanska.
IN CHE MODO TI HA SEGNATO L'ESPERIENZA CON LA KABAIVANSKA? I suoi consigli sono sempre stati mirati e precisi e fino ad ora mi hanno sempre fatto molta compagnia ed ho cercato di farne tesoro il più possibile. Mi ricordo che alla vittoria del concorso, mi pare ci fosse anche una diretta radiofonica con tutti i finalisti, prima di entrare per il concerto, la Kabaivanska mi mise apposto il papillon come dire "Devi entrare perfetto, sennò non va bene", veramente una signora molto gentile e carina.
CHE TIMORI AVEVI LA PRIMA VOLTA CHE SEI SALITO SUL PALCO PER INTERPRETARE UN PERSONAGGIO? IN QUANTO TEMPO HAI STABILITO UN RAPPORTO CON IL PUBBLICO? Partendo dai timori, quelli che avevo allora sono gli stessi che ho oggi, non sono cambiati, perché quelli non ti abbandonano mai, quindi prima di entrare in palcoscenico sei lì che ti appelli a tutti i santi e ti fai un sacco di domande, per esempio: la voce è a posto? Poi, amo quelle opere, quei ruoli dove arrivo piano piano all'aria scaldandomi con i recitativi. In questo senso Bartolo è costruito benissimo perché parte appunto con dei recitativi e durante questi ho il modo di capire come gira la voce, se gira nel momento giusto e nel modo giusto, per poi arrivare all'aria. Invece nelle opere in cui il personaggio inizia con la cavatina, sono lì dietro le quinte mentre mi assalgono una serie di dubbi, di manie senza senso, perché la voce c'è, è lì; ma questi sono momenti che fanno parte del mestiere, sono episodi naturali. Per quanto riguarda il pubblico, il pubblico si capta se è attento, se è disponibile e si ascoltano gli applausi per capire se sono refrattari. Succede sempre che ci si facciano domande sul perché della freddezza da parte del pubblico, magari dopo un'aria, ma io sono convinto che sia solo perché esso è concentrato e si sfoga alla fine. Dovete sapere che ogni volta che canto mi porto in camerino un album di foto della mia famiglia, ma anche alcune foto della Tebaldi e della Callas, che sono lì che mi proteggono.
COME TI PREPARI AD UN DEBUTTO? Prima di tutto, bisogna smontare lo spartito in quattro per vedere dove si va a sbattere la testa, i punti più difficili. Poi, una volta sicuri della parte musicale, si va verso la psicologia del personaggio, ma l'aspetto musicale e quello psicologico procedono comunque di pari passo. In ogni caso, la musica viene prima di tutto il resto.
TRA I PERSONAGGI CHE INTERPRETI, QUALI TI RISULTANO PIU' CONGENIALI? Ormai nella mia seconda pelle c'è Don Bartolo, se scavo un po' viene fuori lui. Non mi sento Bartolo, però me lo sento particolarmente affine. Ci sono anche tanti altri ruoli che ho imparato ad amare, per esempio Taddeo de "L'italiana in Algeri", che ha un'umanità tutta sua; Germano, de "La scala di seta", poi ancora Leporello, non posso dimenticarlo, e anche i ruoli di intermezzi, che magari si cantano una volta, ma che sono nel tuo percorso e ti fanno compagnia.
A PROPOSITO DI DON BARTOLO... UNO MOLTO PARTICOLARE E' STATO QUELLO ALL'ARENA DI VERONA NEL 2015. SECONDO TE QUEL PARTICOLARE LLESTIMENTO AIUTAVA I CANTANTI, LI METTEVA IN RISALTO, OPPURE LI RIMPICCIOLIVA ANCORA DI PIU'? Durante gli assieme pensavo: "Come faremo? Dove devo proiettare la voce?", sembrava proprio di cantare in uno stadio. Poi invece con il pubblico si è creata una meravigliosa magia, ricordo queste due recite bellissime, la prima con una tensione enorme perché dover gestire un così ampio pubblico non è facile e invece nella seconda mi sono detto: "Divertiti, vai, fai" ed infatti è stata una recita meravigliosa. Chiaramente "Il barbiere di Siviglia" è un'opera un po' particolare, forse non adatta ai grandi spazi dell'Arena, sicuramente più affini ad un altro tipo di repertorio, ma devo dire che anche in quel caso il pubblico ha gradito molto, parecchio. Bisogna chiaramente partire dallo spartito: io mi sento più affine al repertorio ottocentesco come interprete, ma come appassionato ho poi la possibilità di spaziare. Nel caso del "Pinocchio" devo dire che la musica è strepitosa, mi sono divertito, ho costruito un Geppetto molto umano, perché era la musica che me lo richiedeva: è stata veramente una bellissima esperienza. E' stato nel dicembre del 2019, poco prima che accadesse tutto quello che è avvenuto, per cui è uno degli ultimi ricordi meravigliosi che porto con me.
SECONDO TE L'ALLESTIMENTO, CHE DIVIDEVA IL PALCO IN DUE, LA REALTA' E LA STORIA, AIUTUVA A COMPRENDERE L'OPERA? Sì, devo dire di sì. Vedendola anche da fuori (i cast erano due e ho presenziato anche alle prove con gli altri artisti) ho avuto modo di rendermi conto della differenza tra la storia per bambini e il tema della ricerca del figlio. Secondo me il regista ha colto nel segno in modo esemplare: nella sua semplicità un allestimento bellissimo, funzionale alla storia di Pinocchio. Una regia che coinvolgeva moltissimo, gli stessi cantori interpretati da alcuni bambini si erano immedesimati parecchio. E' stato veramente un bel lavoro compreso dagli artisti e dal pubblico.
RECENTEMENTE HAI CANTATO NELLA RISCOPERTA DELLE "NOZZE IN VILLA" DI DONIZETTI A BERGAMO, IN STREAMING... QUALI SONO I PREGI E QUALI I DIFETTI DELLO STREAMING? Un pregio sicuramente è quello di non mandare in fumo un progetto che è importante per tutti. Un contro è che manca il rapporto con il pubblico, però devo dire che è stata una bella esperienza da mettere in conto, anche se all'inizio ero un po' scettico. Tra l'altro in questa produzione l'orchestra e il coro erano nel palcoscenico mentre noi cantanti recitavamo in platea e gestire anche una platea nel dover cantare, per quanto quella del Donizetti sia meravigliosa con una bellissima acustica, non è molto semplice. Alla fine molta soddisfazione nel riscoprire questa musica di Donizetti che era andata dimenticata e necessitava di un rispolvero.
TORNANDO INDIETRO DI UN PO' DI TEMPO... NEL 2013 HAI CANTATO "DON PASQUALE" AL FILARMONICO DI VERONA IN UNA REGIA INNOVATIVA... Ho un ricordo bellissimo di Antonio Albanese che curava la regia, una persona molto rispettosa di ciò che gli veniva proposto e che non aveva cambiato il contesto dell'opera. Eravamo quasi tutti debuttanti: lui debuttava in questa regia, io in Don Pasquale e anche per alcuni degli altri interpreti era la prima produzione di questa bellissima opera. Mi ricordo che Albanese disse dopo la generale: "E' bellissimo perché con voi è come riempire dei fogli bianchi", una persona deliziosa, che purtroppo non ho più avuto il piacere di incontrare perché non realizza regie liriche, invece secondo me dovrebbero proporgliele. Parlando sempre di trasposizioni, il grande attore e regista Paolo Rossi aveva curato al Teatro Nuovo di Spoleto un allestimento de "Il matrimonio segreto" che ancora ricordo con grande piacere sebbene siano passati 10 anni. Anche Rossi, come Albanese, aveva un modo di approcciarsi all'opera lirica molto molto rispettoso.
PROSSIMI IMPEGNI? Alla fine del mese sarò a Padova per una produzione de "La vedova allegra". Non è un debutto, perché ho debuttato 5 anni fa con il Barone Zeta al Petruzelli di Bari, ma è un'opera particolare, perché è piena zeppa di dialoghi e rimettere in testa questi dialoghi dopo 5 anni non è per niente facile! Mi preoccupa di più questo che il dover cantare, naturalmente, visto che non sono un attore di prosa.Grazie mille ad Omar Montanari per averci concesso questo "ennesimo debutto" in nostra compagnia! E' stato un grande piacere ed onore! A presto!
30 gennaio 2021, Giovanni Zambon