INTERVISTA AD ALESSANDRO BONATO
Martedì 12 maggio abbiamo intervistato in diretta il direttore d'orchestra Alessandro Bonato!
COME SI SENTE QUANDO ENTRA NELLA SALA TEATRALE E VIENE SOMMERSO DAGLI APPLAUSI? L'ingresso non è tanto quello che conta, quello che conta di più sono i secondi dal camerino alla buca per l'orchestra, cioè gli attimi di dubbio e di paura, l'ultimo momento che ho per prendere delle scelte. In questo percorso si incontrano molte persone, dai tecnici a orchestrali, cioè quelle persone che ti danno la carica. Quando si entra è un mix di emozioni e i momenti tra l'inizio dell'opera e la fine degli applausi sono secondi di intesa e connessione con l'orchestra.
COME E' INIZIATA LA SUA PASSIONE PER LA MUSICA? Suono il violino da quando ho 10 anni, perché facevo l'indirizzo musicale alle medie. Mi ero appassionato di musica classica alle elementari perché le maestra ci facevano ascoltare questa musica. Ho fatto il Conservatorio, ho studiato viola e poi ho sentito il bisogno di comprendere la musica nella sua totalità. Ho così studiato per diventare direttore d'orchestra.
QUALI DIFFICOLTA' HA INCONTRATO ALL'INIZIO? Principalmente la diffidenza verso i giovani direttori d'orchestra, anche se è vero che un direttore deve avere una certa esperienza. Ci sono due cose che un'orchestra non perdona: l'impreparazione e la non umiltà. Io mi sono ritrovato a dirige famose orchestre con musicisti con tantissimi esperienza e quindi ho sempre cercato l'umiltà e la preparazione. E' ovvio che l'esperienza si fa sul campo, e quindi per adesso quello che posso fare è prendere qualcosa dall'orchestra e farne tesoro, non lasciare del mio, perché non ho l'esperienza per farlo. Quindi vado a dirigere un'orchestra con la voglia di imparare tanto!
QUALI SONO I REQUISITI SECONDO LEI PER ESSERE UN DIRETTORE? Determinazione e tenacia prima di tutto, perché il mondo è pieno di difficoltà da superare. Poi forza, costanza, saper abbattere i propri limiti e avere moltissima voglia di imparare. Aggiungo anche l'essere curiosi e il saper fare un lavoro di ricerca su se stessi. Bisogna anche saper interpretare, lavoro che è frutto anche di una ricerca di fonti storiche e lettere, che non vuol dire fare quello che si vuole, perché è fondamentale imparare quello che la musica vuole; inoltre ci deve essere anche dell'abilità nel gestire un'orchestra, specialmente nel mondo delle dinamiche.
QUAL E' L'OPERA CHE PREFERISCE? Nabucco è la mia opera preferita, alla quale sono molto legato. Mi ricordo che quando avevo 17 anni ho incontrato il Maestro Muti e in modo quasi infantile gli ho detti quanto amassi l'incisione di Nabucco da lui diretta. Lui ha firmato il disco e mi ha augurato una bellissima carriera di direttore d'orchestra. Per questo motivo sono molto legato a quest'opera. Oltre a questo, Nabucco mi dà tutto: gioia, felicità, libertà, voglia di riprendersi i propri spazi e altro. La libertà, in particolare, è un tema fisso nella musica di Verdi, che ha vissuto in un'Italia che chiedeva l'indipendenza e poi è stato senatore del nostro primo governo, quindi credo che per Verdi la libertà fosse un concetto fondamentale. Così come l'Italia ha seguito un percorso nel secolo in cui è vissuto il Maestro, anche la sua musica ha seguito la stessa strada.
COSA NE PENSA DELLA TRASPOSIZIONE SCENOGRAFICA DI OPERE IN UN PERIODO DIVERSO DA QUELLO ORIGINALE? Se la trasposizione scenografica rispetta emozioni e rapporti, perché no! Mi viene in mente Gianni Schicchi a Verona nel maggio 2019. Si trattava di una regia moderna, e come tutte le regie moderne ci può far riflettere sul fatto che l'opera è immortale, perché se possiamo trasportare un'opera ambientata nel 1200 agli anni '60, vuol dire che è attuale.
NEL MAGGIO DELLO SCORSO ANNO HA DIRETTO IL MAESTRO DI CAPPELLA A VERONA...
Era stato ricreato un salotto settecentesco e i musicisti erano stati disposti quasi senza un senso. Non interagivamo con il pubblico, eravamo come separati dalla sala, e questo era il bello. Il baritono interagiva con l'orchestra, questo perché capitava che io andassi a suonare il violino in orchestra per un po' mentre lui dirigeva. Era stata creata una nuova figura, quella del direttore, diventato un amico del Maestro di Cappella che gli insegnava la direzione d'orchestra. E' stata una bellissima esperienza, mi sono divertito molto, perché questo allestimento era un po' un'esagerazione, come deve essere un'intermezzo, cioè fatto per divertire.
COME VEDE IL FUTURO DELL'OPERA? Lo vedo come una sorta di rinascita. L'opera è un flusso ininterrotto che porta avanti la cultura. Certo, è importante in questo periodo la sicurezza, perché il virus non fa sconti a nessuno, ma lo svago è importante per le persone. Per il pubblico andare a teatro a vedere un'opera è quasi come vivere una storia differente dalla vita normale, in altre parole, una magia necessaria. Spero che si torni in teatro il più presto possibile, rispettando tutte le norme di sicurezza che ci verranno imposte.
COME'E' ESSERE UN DIRETTORE D'ORCHESTRA IN QUESTO PERIODO?
L'unica differenza è il non andare a teatro! I musicisti rimangono musicisti 24 ore su 24, si è tali anche quando si dorme, perché non si può diventare artisti solo quando si entra in teatro. Sono direttore d'orchestra tanto quanto prima, anzi, mi sento di essere questa figura più adesso che prima, perché do il mio contributo a portare avanti l'opera e la passione per la musica, come un capitano di una nave, solo che la mia nave è l'orchestra! In ogni caso tutto continua: si fanno lezioni, ci si confronta e si spiega la musica.
COME STUDIA UN'OPERA NUOVA? La prima cosa che faccio è cercare di contestualizzare l'opera, poi guardo lo spartito e lo suono col pianoforte; passo quindi alla decifrazione della musica. In teatro, con cantanti ed orchestra, cerco di essere una specie di leader: seguo la parte orchestrale e quella dei cantanti, a volte suggerendo loro le parole se vedo che c'è qualche punto che faticano a ricordare e cerco di aiutarli. E' importante sapere bene l'orchestrazione, conoscere bene i timbri degli strumenti e sapere anche un po' di tecnica vocale, insomma, sapere il più possibile!
Grazie mille ad Alessandro Bonato per averci concesso quest'intervista e per averci insegnato molto!
Giovanni Zambon, Lorenzo Forasacco, maggio 2020