TEATRO FILARMONICO: IL FLAUTO MAGICO

Lo scorso gennaio è andata in scena al teatro filarmonico di
Verona la produzione del singspiel "Il flauto magico" -in occasione del
festival Mozart 2024- curata da i Teatri di Operalombardia, Fondazione Teatro
Verdi di Trieste e Opera Carolina. Una serata di successo, quella della prima,
con un folto e partecipe pubblico, grazie alla maestria delle voci e dei
professori d'orchestra, oltre che grazie ad un ottimo allestimento che ha
certamente superato l'ardua prova di mettere in scena un'opera con riferimenti
massonici senza appesantire il tutto. Il primo plauso va dunque a Ivan
Stefanutti, che ha curato regia, scene e costumi in modo sapiente, senza
infarcire di elementi di difficile comprensione l'impianto scenografico e
favorendo dunque la doppia lettura dell'opera, quella più superficiale che
narra la storia del principe Tamino e della sua innamorata Pamina, e quella
invece più profonda che racconta il conflitto tra le forze del Bene e quelle
del Male. Se in alcuni momenti la scena risulta essere un po' troppo statica,
come nelle scene corali, è la musica meravigliosamente eseguita che funge da collante.
Bellissimi e sfarzosi i costumi e ottime le luci di Emanuele Agliati.
La produzione proposta a Verona si caratterizza per l'alternanza tra due
lingue, il tedesco per le parti cantate e l'italiano per quelle recitate. Se
dal punto di vista filologico la scelta può essere facilmente criticata, si è rivelata
poi essere quella vincente nel corso dell'opera. La lingua italiana ha infatti
permesso al pubblico di apprezzare di più i dialoghi recitati e di sorridere
con naturalezza nelle scene dedicate a Papageno e a Papagena.
Gianna Fratta dal podio sembra conoscere a menadito la complessa partitura mozartiana, e conquista il pubblico fin dall'inizio con i colori dell'overture. Nel corso dell'opera, riesce a valorizzare i timbri e i colori degli strumenti, dosando al meglio le dinamiche, costruendo un ottimo tessuto di accompagnamento per i solisti e ricavando dall'orchestra una grande energia e forza, oltre che nei momenti più adeguati una delicatezza che lascia col fiato sospeso gli ascoltatori. A capitanare il cast è sicuramente il Sarastro di Alexander Vinogradov: la voce è ampia e ben timbrata in tutti i registri, inoltre il suo canto trasmette la sensazione di solennità e plasticità richiesta dal ruolo. Brioso e vivace Michele Patti nel ruolo di Papageno, ben riuscito sotto ogni punto di vista, da quello vocale a quello attoriale in maniera particolare: Patti dimostra grandi doti di attore e sa come approcciarsi con il pubblico e farlo sorridere. Molto brava Giulia Bolcato come Papagena al suo fianco. Ottima anche la prova di Gilda Fiume nei panni di Pamina, che sfoggia dei bellissimi colori e una particolare attenzione a ogni piccola sfumatura per definire un personaggio che risulta già completo sotto ogni punto di vista. Inoltre, non manca affatto alla Fiume il physique du rôle e una presenza scenica più che opportuna.
Non convince appieno Matteo Mezzaro, che porta sul palco un Tamino poco caratterizzato e con una voce che tende ad essere poco sostenuta e non molto incisiva. Nel corso della recita Mezzaro ha poi gradualmente migliorato la sua prestazione. Non entusiasma neppure Anna Siminska quale Regina della Notte: se la presenza scenica c'è, manca più proiezione e grandezza per quanto riguarda la voce. Così, malgrado i virtuosismi ben riusciti e curati, le due arie della Regina delle Notte sono passate un po' in sordina.
Ottime le tre dame di Marianna Mappa, Francesca Maionchi e Marta Pluda, ben coese e dalla musicalità interessante. A completare il cast Matteo Macchioni nei panni Monostatos.
Al termine grande successo e ovazioni, in modo particolare per Vinogradov, Fiume, Patti e Fratta.
La recensione si riferisce alla recita di domenica 21 gennaio 2024.
Giovanni Zambon