WERTHER AL TEATRO FILARMONICO DI VERONA

26.03.2023

È andata in scena il 26 marzo al Teatro filarmonico di Verona la prima rappresentazione della produzione di "Werther", che dopo 44 anni torna al Filarmonico ottenendo un successo strepitoso. L'opera di Massenet è tratta dal celebre romanzo epistolare di Goethe "I dolori del giovane Werther", di cui rappresenta una piuttosto fedele trasposizione teatrale, a parte qualche piccola modifica di Massenet, come nel finale. Nell'allestimento proposto a Verona si respira la stessa aria del romanzo, la stessa passione, lo stesso clima apparentemente quotidiano ma che fa da sfondo a una vera e propria tragedia. La regia di Stefano Vizioli, le scene di Emanuele Sinisi, i bei costumi d'epoca di Anna Maria Heinreich, le luci di Vincenzo Raponi e le proiezioni dell'Immaginarium Creative studio sono un ottimo sostegno ai sentimenti espressi dalla musica e rendono in modo esemplare l'intima tragedia dei due sventurati amanti: pochi oggetti di scena, qualche gioco dei bambini, una poltrona, una panchina o poco più fanno si che il protagonista sia l'io, sia l'anima, seppur complessa e tormentata, dello sventurato Werther. Poco funzionale è a mio parere l'idea di presentare all'inizio dell'opera durante il preludio e alla fine nell'ultima scena una Charlotte invecchiata, con l'obiettivo forse di attenersi a ciò che effettivamente accade nel romanzo: non vi è un ultimo colloquio tra i due, Werther muore solo. La scelta del regista però si scontra con le parole del libretto: Werther chiede la mano di Charlotte e subito dopo afferma che non gli serve nessun altro aiuto se non il suo ("dammi solamente la mano./ Vedi! Non ho bisogno di altro aiuto/ che il tuo!"), ma lei è ad alcuni metri da lui, non c'è nessuna mano a confortare Werther, nessun contatto fisico. La scena avrebbe sicuramente coinvolto di più se ci fosse stato un minimo di contatto, se Charlotte avesse potuto veramente prendergli la mano e consolarlo (Da sottolineare comunque che tale produzione è stata realizzata in epoca covid e doveva perciò attenersi ad alcune normative che giustificano alcune scelte del regista).

Ottima la direzione di Francesco Pasqualetti, che guida un'orchestra impeccabile e coesa. Il maestro ha saputo evidenziare in modo sublime i momenti più drammatici, regalando al pubblico forti emozioni -come accade all'inizio del quarto atto- senza tuttavia trascurare i dettagli: il risultato è un'interpretazione profonda e ricca. Nei panni del protagonista, Dmitry Korchak raccoglie consensi e una gran quantità di applausi: la sua "Pourquoi me reveiller" è da bis, fa infiammare gli animi degli spettatori. Sicura e proiettata la voce, caldo e brunito il timbro, che sa piegarsi perfettamente ai toni sognanti e alla dura realtà, ottima la presenza scenica. Ottima anche Vasilisa Berzhanskaya nel ruolo di Charlotte. Anche a lei il pubblico riserva consensi e complimenti, in particolare modo nel terzo atto. La voce è sicuramente una delle migliori in circolazione: i registri grave, medio e acuto sono ben equilibrati, il fraseggio è attento e curato, il timbro sempre avvolgente e ricco di colori. Colpisce in particolar modo la scena di Charlotte che apre il terzo atto e che fa scaturire il primo applauso a scena aperta di tutta la rappresentazione e il finale, un gran capolavoro musicale reso in modo impeccabile sia dalla Berzhanskaya che da Korchak. Bene anche l'Albert di Gëzim Myshketa, che si dimostra un ottimo artista, musicale e dalla buona presenza scenica; nota di merito in più per Veronica Granatiero nel ruolo di Sophie, che riesce a ritagliarsi spazio esibendo le sue doti canore concordi con lo spirito del personaggio che interpretava. Completavano il cast il Borgomastro di Youngjun Park e i bravi Matteo Mezzaro e Gabriele Sagona nei ruoli di Schimidt e Johann.

Una produzione più che riuscita quella proposta a Verona, che ottiene il meritato successo da un pubblico partecipe, anche se piuttosto di nicchia: sono tanti i posti liberi e dimostrano come quello della lingua sia uno scoglio importante. L'opera non è rappresentata così spesso e non è molto conosciuta, al contrario di quanto meriterebbe, e il pubblico che la sa apprezzare è poco. Fa sicuramente riflettere che dopo il sold out di Aida di febbraio non proprio messa in scena in modo impeccabile troviamo questo "Werther", lontano dal tutto esaurito, ma molto più riuscito. La recensione si riferisce alla recita del 26 marzo.

Giovanni

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